Matteo Nucci racconta, Valentina Carnelutti legge.
L'Iliade e l'Odissea
Lo spazio della parola: Elena e Odisseo
Elena «bella chioma» e Odisseo «grande astuzia» sono gli eroi della seduzione. Ammalianti, irresistibili, nei poemi omerici essi appaiono come modelli della persuasione. Elena, per via dell’eros che induce la sua travolgente bellezza. Odisseo, per via dell’intelligenza astuta con cui sa sempre aggirare l’ostacolo e abbindolare il nemico. Entrambi però non potrebbero nulla senza l’arte della parola. Rievocare momenti, dipingere un istante, restituire in un racconto le percezioni dei sensi. Come gli aedi omerici, essi sanno innanzitutto narrare e cantare. E il loro canto è la vita che hanno vissuto e hanno visto vivere. Quella vita trasformata in epos che dopo la morte è riservata agli eroi in una sorta di eternità letteraria. Perché la vita nella sua essenza più limpida è logos e mythos, ossia parola.
Lo spazio dell’assenza: Patroclo e Andromaca
Con Patroclo e Andromaca irrompe sulla scena dell’Iliade il dominio della fine. Il più dolce degli eroi omerici, Patroclo «divino» veste le armi del compagno Achille e va incontro alla morte. Mentre Ettore lo uccide fa in tempo ad assicurare al nemico che anche lui morirà presto per mano di Achille. Intanto Andromaca «braccio bianco», nelle stanze della rocca di Troia, prepara bagni caldi per il marito amatissimo, Ettore, che mai più rivedrà. Ma è possibile sconfiggere la morte? Ettore e Achille in questo sono identici: solo la gloria, «perché i futuri lo sappiano», può salvarci. Ma Patroclo non insegue alcuna immortalità letteraria. Né Andromaca vede in essa un risarcimento. Essi non s’illudono. Nell’Ade siamo solo fumo. La ferita della fine non è rimarginabile. Lo spazio della morte è quello dell’assenza.
Lo spazio del sogno: Penelope e Achille
Hypnos, Sonno, e Thanatos, Morte, sono fratelli. Forse quel che vediamo durante il sonno mette in contatto lo spazio della vita e quello della morte? Sembrano domandarselo «la saggia» Penelope e Achille «piede veloce», quando si svegliano da due celebri sogni. La prima quando, ormai certa della morte di Odisseo, lo vede giovane e lo sente entrare nel letto e in lei. Il secondo, quando spossato dal dolore per la perdita dell’amico, si addormenta e lo vede accanto a sé e gli parla. Che succede quando un sogno ci visita? È dalla terra dei sogni che proviene, dalla terra contigua alla terra dei morti? La risposta dei cantori omerici è affidata a una donna, Penelope, e ci obbliga a fare i conti con noi stessi. Perché lo spazio del sogno è lo spazio dell’interiorità. Dove chi ci ha lasciato rimane per sempre.